La Grecia è salva. Per ora. Grazie a un maxiprestito da parte dei partner dell’Unione e del Fondo monetario. Ma il rischio che la speculazione si accanisca, come sta già facendo, su altri Stati dell’Eurozona giudicandoli debitori poco affidabili, ha costretto i ministri delle Finanze della De a un piano d’urto di 600 miliardi per sostenere la nostra moneta La grande crisi è tutt’altro che finita, profetizza uno dei guru dell’economia francese: Jacques Attali, ex consigliere di François Mitterrand, primo presidente della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, ideatore di Planet France, organizzazione non governativa che sostiene progetti di microcredito. Se non saremo capaci di far ripartire l’economia reale, avverte, piomberemo in una sorta di lungo Medioevo, dove ognuno penserà a se stesso e cercherà di cavarsela da solo. Una visione, non priva però di speranze, che troviamo nel suo ultimo saggio Sopravvivere alle crisi (Fazi editore). In copertina c’è la foto di uno scarabeo che spinge una palla di sterco. Un’immagine cruda e fedele della situazione. Lo scarabeo non s’arrende: possiede alcune delle sette qualità, senza le quali, secondo Attali, un occidentale è destinato a soccombere alla crisi.
Sette qualità, sette parole. sette armi segrete. Quali sono?
«Principi applicabili in qualsiasi periodo d’incertezza, sia esso economico, ambientale o sentimentale. C’è chi durante un terremoto dei mercati minimizza, pensando che si tratti del punto più basso di un ciclo economico come tanti. Bene, costui finirà per schiantarsi. C’è chi, più furbo e informato, si arricchirà sulle disgrazie altrui. E chi, infine, accetterà di affrontare le difficoltà e di rimettersi in gioco».
Lei cosa ci suggerisce?
«Di avere un forte rispetto per se stessi. Di voler vivere, non solo sopravvivere. Avere dei valori, puntare all’eccellenza, essere protagonisti del proprio futuro. E possedere la dote dell’intensità: saper guardare lontano, sacrificarsi ora perché il domani sia redditizio. È necessario farsi un’idea propria del mondo. Capire chi sono gli amici e chi i nemici, una dote che chiamo empatia».
Lei parla anche di resilienza. cioè della capacità di resistere ai traumi.
«La resilienza è importante, aiuta a costruire difese per affrontare le avversità. Ma non basta In una congiuntura negativa bisogna affidarsi alla creatività: fare della crisi un’opportunità per reinventarsi. Un’altra dote indispensabile è l’ubiquità: essere flessibili, non vincolati a vecchi schemi e a un’immagine rigida della propria persona».
E se tutto questo non bastasse?
«Nelle situazioni estreme non resta che il pensiero rivoluzionario: violare le regole, ribellarsi al mondo, senza mai perdere il rispetto di sé».
È difficile immaginare un operaio metalmeccanico di 50 anni, disoccupato, rifarsi una vita oggi seguendo i suoi precetti.
«Perché? Questo libro è scritto per tutti, anche per lui».
Un uomo deve avere delle opportunità.
«No, serve la volontà».
Lei scrive che le stesse strategie valgono per le imprese che non vogliono soccombere alla crisi. Ma cosa c’entrano il rispetto di sé o l’empatia con una strategia aziendale?
«Per un’azienda rispetto di sé significa prendersi sul serio, battersi per esistere, puntare su prodotti di qualità, tenere in considerazione i propri dipendenti, scegliere partner che condividano gli stessi valori. Possedere la dote dell’empatia vuoI dire invece non limitarsi alle analisi di mercato, ma avere un’idea del mondo nel suo insieme, cogliere quali saranno i settori strategici, avere buone fonti d’informazione».
Torniamo al presente. Al crac che stava per travolgere la Grecia, colpevole d’aver truccato i dati per rientrare nei parametri di Maastricht. Perché le difficoltà di un solo Paese hanno fatto vacillare l’euro?
«La Grecia non è la sola colpevole. Nessuno di noi europei ha monitorato seriamente i conti della Francia, del Portogallo, dell’Italia e di altri Paesi che hanno fatto molti errori e si sono resi colpevoli di cattiva gestione. Tutti, secondo me, stanno dicendo qualche bugia sul proprio debito pubblico. Siamo abituati a vivere al di sopra delle nostre possibilità».
Quindi la Grecia potrebbe non essere l’unica a navigare In cattive acque?
«Già. E il sospetto può generare un effetto domino. Se la Grecia viene giudicata insolvibile, si può pensare che anche altri Paesi della zona Euro nascondano analoghe difficoltà. Però non si può prendere per oro colato tutto quello che dicono le agenzie di rating. È una vergogna che faccia l’elenco dei buoni e dei cattivi proprio chi non ha saputo prevedere la crisi finanziaria americana. Sono arbitri, però pagati dalle squadre più ricche».
Se Obama riuscisse a imporre regole certe al mercato americano, il mondo ne gioverebbe?
«Non basta una riforma negli Stati Uniti. Un’economia globale ha bisogno di un diritto globale per tenere sotto controllo e monitorare le banche. E, a livello europeo, serve una verifica rigorosa dei bilanci di ciascun Paese membro, così come gli Stati Uniti verificano i bilanci dei singoli Stati federali».
Quello che chiede il cancelliere tedesco Angela Merkel.
«Bisogna pensare più in grande: avere non solo una moneta unica, ma anche un bilancio comune, un’unica politica fiscale e uno stesso sistema di monitoraggio del deficit. Non è possibile avere una valuta credibile, se questa valuta non ha dietro una politica di bilancio sostenibile. Poi deve ripartire la ripresa, quella vera, fatta di investimenti privati».
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